“Infangata per secoli, oggi abbiamo voluto restituire piena dignità a Lucrezia Borgia”: il racconto ‘pop’ di una delle donne più controverse della storia parte da Ferrara.
Dal Ferrara Film Festival per la precisione, dove ieri è stato presentato, in anteprima internazionale, "L'incantevole Lucrezia Borgia", docummedia di Marco Melluso e Diego Schiavo (Mardi Gras produzioni), con Lucrezia Lante della Rovere, Tullio Solenghi, l’istrionico Francesco Zecca, Tobia de Angelis.
La pellicola è stata realizzata anche con un contributo del Comune di Ferrara, oltre che con il supporto della Film Commission dell’Emilia-Romagna e di privati. È un viaggio alla riscoperta della vera vita di un’eroina del suo tempo a lungo considerata - complici anche alcune celebri versioni (tra cui il dramma di Victor Hugo) - una “Avvelenatrice mangiauomini”, ma in realtà, come hanno spiegato i registi, era una donna che tra mille difficoltà (un fratello scapestrato, un padre papa, Alessandro VI, cinico e assetato di potere, una salute precaria, un amato marito ucciso quando aveva solo vent’anni) ha lavorato per la pace, una grande amministratrice pubblica, imprenditrice di talento, fine politica e raffinata diplomatica, capace, tra le altre cose, di completare le bonifiche del territorio ferrarese (risanando una superficie grande come 36mila campi da calcio) e di porre fine a una scomunica che gravava sul ducato estense, grazie alla sua amicizia con Pietro Bembo, 'segretario' di papa Leone X.
“La più grande e appassionante telenovela del Rinascimento”, l’hanno definita ieri dal palco, di un Rinascimento “Che sa di modernità”, ha detto Melluso, Schiavo ha infatti sottolineato che “Quella raccontata è una storia attuale che approfondisce il confine tra verità e apparenza anche e soprattutto in quest’epoca social, per dare giustizia a tutte le donne ingiustamente attaccate con vergognose accuse, pettegolezzi, maldicenze”.
Lucrezia Lante della Rovere che, proprio in un voluto legame che unisce antico e moderno, è erede della famiglia che della Borgia fu acerrima nemica, appunto i ‘Rovere’, ieri ha rivelato: “Sono stata ossessionata da questo personaggio tutta la vita, chiamandomi come lei e per le mie origini. E quindi sono stata felice di lavorare sulle identità, per riportare verità e obbiettività nel racconto della vita di una donna che è stata al centro di un falso storico e che è stata usata da una famiglia disfunzionale. Contribuire a ridare autentica identità a questa donna è stato un piacere. Lo abbiamo fatto con un linguaggio pop, a tratti 'folle'. Ogni storia ha un suo vestito. E questo racconto è unico”.
Ma la vera protagonista - hanno sottolineato gli artefici della documedia di 63 minuti - è Ferrara: “Un luogo unico che, di fatto, non fa parte né dell’Emilia né della Romagna, che conserva una grande indipendenza di pensiero, che ha un grande senso della cultura. Un luogo dove stare bene, vivere bene, mangiare bene degustando piatti che solo qui puoi apprezzare. Un luogo dove siamo stati accolti con incredibile affetto e straordinaria amicizia. Siamo grati a tutti”. Nel film gli scenari ferraresi sono anche indicati con speciali pop-up.
La proiezione al Teatro Nuovo è stata preceduta dai saluti dell’organizzatore, Maximilian Law, e dalla visione dei due cortometraggi “Un cuore due colori”, diretto da Marco Maraniello con protagonisti Francesco Piccirillo e Alessandro Orrei (l’attore beneventano noto al pubblico televisivo per il ruolo di Mimmo in Mare Fuori) e “A mia immagine” di Giuseppe Bucci, coprodotto da Eva Grimaldi.